La "Camera obscura"
Il principio che sta alla base di tutte le apparecchiature che sono in grado di riprodurre la realtà, dalle
più semplici macchine fotografiche, alle più complicate telecamere professionali, è lo stesso
che permette al nostro occhio di vedere. Si tratta del principio della camera oscura. Tale espressione è
usata comunemente, ma impropriamente, per indicare quel locale più o meno grande, completamente oscurato,
nel quale si possono sviluppare e stampare le fotografie.
In realtà il termine "camera oscura'' o meglio "camera obscura", già noto prima dell'invenzione
della fotografia, indica il fenomeno ottico per cui, in una stanza oscurata, con un unico spiraglio proveniente
da una minuscola apertura, è possibile osservare sulla parete opposta le ombre capovolte degli oggetti che si trovano
o si spostano all'esterno, alla luce.
Le ombre appariranno confuse se lo spiraglio sarà relativamente largo. Se invece lo spiraglio sarà
ridotto a un piccolo foro dai bordi regolari, ("foro
stenopeico"
,dal greco "stenos
opaios"
= piccolo foro)
le ombre appariranno più precise, fino a diventare delle vere
e proprie immagini particolareggiate, proiettate attraverso
la minuscola apertura sulla parete della stanza.
Il fenomeno ottico è molto semplice da spiegare. Gli oggetti riflettono la luce in linea retta, in tutte
le direzioni. Se consideriamo l'alberello della figura, alcuni dei raggi luminosi che sono riflessi dalla punta
della pianta, entreranno nella nostra stanza attraverso la piccola apertura, raggiungendo la parete opposta verso
il basso, dato che si muovono in linea retta.
Al contrario, i raggi luminosi riflessi dall'estremità inferiore, catturati dal forellino, raggiungeranno
la parte superiore della parete. Il nostro occhio funziona sulla base dello stesso principio.
Il principio della "camera
obscura" e
del "foro
stenopeico" č stato studiato nel
IX secolo dallo
scienziato arabo
Al Kindi che
diede precisi riferimenti matematici in un suo trattato giunto a noi
grazie alla traduzione eseguita nel XII secolo da Gherardo da Cremona.
Anche Leonardo da Vinci, nel suo "Codice Atlantico",
descrive minuziosamente il funzionamento di una camera obscura, mentre
Giovan Battista Della Porta (1538-1615) e altri suoi predecessori,
suggerivano di ampliare il minuscolo foro applicandovi una lente.
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