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ADDIO
PAPÀ...
—
Mi dispiace, ragazzo, ma non credo che tuo padre riuscirà a passare la notte.
Fatti forza... — sospirò il medico di bordo chiudendo la borsa e fu come se
a Enzo avessero inferto un pugno allo stomaco. Era chiaro come l'acqua quello
che il dottore aveva detto, eppure il ragazzo non poteva e non voleva crederci.
— Che... che vuol dire? — chiese balbettando.
— Che prima di mattina tuo padre se ne andrà — rispose il medico.
— Dove? — tornò a chiedere Enzo, continuando a rifiutare la cruda realtà.
Il medico non riuscì a fare a meno di sorridere.
— Speriamo in Paradiso — rispose e il ragazzo si accasciò a terra.
Era notte fonda, ma erano ben pochi a dormire in quel vasto locale di terza
classe che Saverio Mannino e il figlio Vincenzo, detto Enzo, condividevano
assieme a un'altra cinquantina di povera gente, partita cinque giorni prima dal
porto di Palermo con il miraggio di una vita migliore in America.
Attorno alla cuccetta a castello, sulla quale avevano trovato posto padre e
figlio, si era creato il vuoto, come se quella di Saverio fosse una malattia
contagiosa.
— Intossicazione alimentare — aveva dichiarato invece il medico, e il padre
di Enzo non era stato l'unico a soffrirne. C'era qualcosa di avariato nel pasto
che un paio di giorni prima era stato servito ai passeggeri di terza classe di
quel vapore diretto a New York e la maggior parte di chi ne aveva sofferto se
l'era cavata con un po' di dissenteria. Il malore si era aggravato solo per
Saverio Mannino e i farmaci del medico di bordo si erano dimostrati del tutto
inefficaci.
Mentre il poveretto si spegneva, dal locale attiguo arrivava indistinto un
mormorio continuo nel quale, a intervalli regolari, a una singola voce
femminile si aggiungevano quelle di una piccola folla. Erano le donne, ospitate
in un dormitorio a parte, rigidamente separate dagli uomini, che avevano saputo
delle condizioni disperate in cui si trovava il povero Saverio, e recitavano il
rosario per lui.
Di lì a poco arrivò un prete, mandato forse dal medico, con una stola sulle
spalle e un'ampolla tra le mani.
— Come si chiama tuo padre? — chiese a Enzo.
— Saverio... — sospirò il ragazzo.
— Saverio, ti vuoi confessare? — chiese il prete, ma l'uomo non rispose.
— Saverio, Saverio... — provò a insistere il religioso scuotendolo piano,
ma l'unico segno di vita che provenne dall'infermo fu un flebile lamento.
— Non è cosciente... — sospirò il sacerdote e lo benedisse ugualmente con
il Segno della Croce, recitando in latino la formula rituale dell'assoluzione:
— Ego te absolvo a peccatis tuis in nomine Patris et Filii et Spiritus
Sancti. Amen.
— Bisogna fare presto — mormorò il religioso. Intinse le dita della mano
destra sull'olio benedetto contenuto nell'ampolla e somministrò all'infermo il
Sacramento dell'Estrema Unzione ungendogli fronte e mani.
— Ecco, è in grazia di Dio e può morire in pace — sospirò il sacerdote
ed Enzo, se non fosse stato in preda alla più cupa disperazione, avrebbe
sorriso al pensiero che il padre era tutt'altro che un uomo di chiesa. Il
ragazzo ricordò la mamma, morta pure lei di malattia tre anni prima. Al
contrario del marito, era una fervente cattolica e a niente erano servite le
proteste di Saverio quando la moglie aveva preteso che il figlio frequentasse
la Dottrina Cristiana e si accostasse ai sacramenti. All'idea di sua madre che,
dal Cielo, aveva sicuramente assistito compiaciuta al salvataggio in extremis
dell'anima del marito, anche a Enzo venne da sorridere, ma il padre si stava
spegnendo e il ragazzo tornò a piombare nello sconforto, coprendosi il viso
con i palmi delle mani.
—
Enzo... Enzo... Enzo... — sentì implorare qualche istante dopo. Scoprì il
volto e vide che papà Saverio, tornato cosciente, cercava di sollevarsi sui
gomiti.
— Papà... — fece appena a tempo a mormorare il ragazzo, che il padre tornò
a piombare disteso sulla cuccetta, trasse un profondo sospiro e restò immobile
e con gli occhi sbarrati.
— Papà... — sussurrò Enzo. — Papà... papà... papà... — e continuò
con un crescendo della voce che all'ultimo divenne un grido.
— Ebbasta! — protestò qualcuno dal fondo del dormitorio, ma Enzo nemmeno
lo sentì. Scoppiò in un pianto dirotto e si gettò ad abbracciare il padre
che un attimo prima aveva esalato l'ultimo respiro pronunciando il suo nome,
quasi a chiedergli un estremo e inutile aiuto.
— Addio, papà... — mormorò Enzo tra le lacrime.
(...)
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