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da "Che c'entriamo noi con questa guerra?" di Beppe Forti,  Edizioni "Il Rubino" - Napoli 2005

18 marzo 2003

Primo giorno di viaggio

- Che c’entriamo noi con questa guerra? - sbottò Giorgio sul più bello di quella riunione tra insegnanti e genitori della Terza C alla quale, bontà loro, avevano permesso di partecipare anche ai ragazzi.
La professoressa Silvia Masetti, insegnante d’inglese, lo fulminò con gli occhi come sapeva fare solo lei, tanto che tutti i colleghi, anche i più anziani, si chiedevano come ci riuscisse. Per quanto si sforzassero, infatti, le loro occhiatacce non avevano su Giorgio alcun effetto, e tanto meno urla e minacce.
Con la Masetti invece era diverso. Nonostante avesse sì e no una trentina d’anni, la giovane insegnante era nota o, per meglio dire, famigerata tra gli allievi della Scuola Media “Peter Pan” con il soprannome di Capitan Uncino! Le bastava girare la testa con flemmatica lentezza, inarcare leggermente il sopracciglio sinistro e fissare i ragazzi con i suoi occhi di ghiaccio verde, perché gli sventurati si sentissero congelare il sangue dalla punta dei piedi alla punta dei capelli e interrompessero di colpo ogni attività sovversiva. E, cosa inaudita, l’allievo più sensibile al raggio paralizzante incorporato in quel diabolico sguardo era proprio Giorgio, che tutti gli altri insegnanti consideravano praticamente incontrollabile!
Ma era colpa sua se il povero ragazzo finiva quel che doveva fare in tempi da record e poi aveva ogni volta il problema di come passare il tempo? Difficile resistere alla tentazione di punzecchiare i compagni vicini, specialmente la povera Miriam, sua vittima ufficiale e designata, o di tirare con l’elastico proiettili di carta a quelli più lontani! E non dipendeva da lui se invece di restarsene seduti in cattedra gli insegnanti si spostavano tra i banchi, e ogni tanto si trovavano ad incrociare casualmente la traiettoria dei suoi micidiali esercizi balistici!
- Giorgio è intelligente, signora - dicevano a sua madre quando la povera donna si sottoponeva al supplizio dei colloqui con gli insegnanti - ma non si applica ed è una peste!
In effetti, il ragazzo stesso riconosceva che difficilmente avrebbe perso la vista sui libri, perché trovava sempre qualcosa di più allettante e meno noioso che immergersi nello studio, anche se poi finiva sempre per sentirsene in colpa.
- Che c’entriamo noi con questa guerra? - gli fece il verso la Masetti guardandolo di traverso. - Caro Giorgio, dovresti renderti conto che in coscienza non possiamo sentirci estranei a nessun conflitto, nemmeno al più lontano, specialmente quando ci sono seri dubbi sulla sua reale utilità!
- È vero! - convenne con lei un genitore - In Iraq i commissari dell’O.N.U. non hanno trovato alcuna traccia delle armi di distruzione di massa, eppure il presidente americano Bush vuole ugualmente invadere il paese!
- Non dimenticate che Saddam Husseyn, il dittatore dell’Iraq, sta opprimendo da trent’anni il suo popolo, e che a livello internazionale è una mina vagante! - obiettò un altro genitore.
- Vi prego, signori... - intervenne il preside della “Peter Pan”  - non è di questo che dobbiamo discutere oggi!
- Ha ragione! - ribadì una mamma - Qui non dobbiamo parlare di politica, ma della sicurezza dei nostri figli!
- Ma che c’entra la sicurezza dei “vostri” figli? - avrebbe voluto ribattere Giorgio - La guerra sta scoppiando a sud-est, in un paese lontano che si chiama Iraq e noi invece dobbiamo andare in Francia, un paese vicino e che si trova a nord-ovest! - Tuttavia non disse niente, perché un secondo sguardo paralizzante della Masetti avrebbe potuto essergli davvero fatale!
I ragazzi della Terza C aspettavano quel momento da settembre, quando avevano saputo che la loro classe era vincitrice per l’Italia di un concorso indetto dall’Unione Europea, e adesso si vedevano sfumare la possibilità di godersi il premio: un viaggetto a Strasburgo, sede degli organi di governo comunitari, e a Parigi, con una puntatina ad Euro Disney.
- La situazione internazionale è troppo precaria e non vogliamo che i nostri figli corrano dei pericoli! - sosteneva una parte dei genitori.
- Ma si tratta di un’esperienza fondamentale per la loro formazione! - affermavano altri - Sarebbe sciocco fargliela perdere per colpa delle nostre paturnie iperprotettive!
Giorgio non capiva molto di quei discorsi tra genitori, ma si rese conto che il modo in cui si svolgeva la discussione non era sicuramente più equilibrato e civile dei battibecchi che scoppiavano spesso tra ragazzi.
- Poiché non è possibile raggiungere una decisione unitaria - sentenziò salomonicamente il preside prima che la riunione degenerasse in una rissa da saloon - il viaggio si farà lo stesso, ma ovviamente vi parteciperanno solo i ragazzi che avranno avuto il consenso dei genitori.
Fatta una rapida indagine, risultò che sarebbero partiti in dodici, sei maschi e sei femmine, invidiati con tutte le loro forze dagli esclusi. L’entusiasmo dei fortunati ebbe tuttavia un forte calo quando appresero che non li avrebbe accompagnati l’insegnante di lettere, buona come il pane, ma Capitan Uncino in persona!
- Proprio un bel “Mucchio Selvaggio”! - pensò invece di loro la Masetti rievocando il titolo di un vecchissimo film western.
E così, la mattina di martedì 18 marzo 2003 il Mucchio Selvaggio si ritrovò all’aeroporto di Fiumicino in attesa di salire a bordo di un Airbus con destinazione Strasburgo. Quanto all’arrivarci davvero, sarebbe stato un altro paio di maniche!


Dopo l’emozione del decollo, Giorgio trovò che il volo in sé era di una noia mortale e per ingannare il tempo non trovò di meglio che adibire a cerbottana la cannuccia di una penna biro, bombardando di palline di carta la povera Miriam, ragazzina timida e minuta che durante quei tre anni di scuola era stata il bersaglio quotidiano delle sue burle e ne aveva sopportato le angherie con stoica rassegnazione e senza mai protestare.
Un proiettile più doloroso degli altri, però, fece sfuggire alla ragazza un flebile lamento, e la Masetti mise fine al tiro a segno con una delle sue occhiate fulminanti e con il sequestro dell’arma del delitto.
Come fare per passare il resto del tempo? Giorgio si mise allora ad osservare gli altri passeggeri, e si rese conto a poco a poco che a bordo dell’aereo qualcosa non andava. Sei uomini dall’aspetto medio-orientale si erano alzati dai loro posti, e senza dire una parola si erano divisi in due gruppi: tre di loro si erano diretti verso la prua del velivolo e gli altri tre verso il fondo. Niente di insolito che dopo il decollo ci sia un via vai di gente che va alla toilette o che ha voglia di sgranchirsi le gambe, quello che l’aveva incuriosito, tuttavia, era che sei persone dai capelli scuri, baffi, camicia, cravatta e completo impeccabile, così uguali da sembrare clonati, avessero avuto contemporaneamente la stessa idea e si fossero alzati dai loro posti disseminati qua e là nel vasto spazio della classe turistica come se avessero risposto ad un segnale convenuto. Altra cosa strana, tutti e sei avevano in mano una telecamera, un computer portatile, o una grossa macchina fotografica.
Qualche istante dopo Giorgio notò che le assistenti di volo erano scomparse dalla classe turistica e sbirciando la Masetti si accorse che lo sguardo della professoressa aveva assunto un’espressione mista di curiosità e preoccupazione.
Un lieve segnale acustico attirò l’attenzione dei passeggeri, e sopra ad ogni poltroncina si accese una scritta luminosa che invitava ad allacciare le cinture di sicurezza. Solo allora Giorgio si rese conto di non essere a bordo di un pullman durante la solita gita scolastica, quando il povero autista arriva alla fine della giornata con l’esaurimento nervoso. No, stavolta sotto i sedili non c’erano né ruote, né asfalto, ma più o meno diecimila metri di vuoto!
Ad un tratto l’aereo s’inclinò leggermente sulla destra e Giorgio ebbe l’impressione che stesse virando lentamente. Dall’immagine mentale che aveva della cartina d’Europa, gli sembrò che il velivolo, semmai, avrebbe dovuto girare al contrario. Che cosa stava succedendo?
- Perché ci hanno fatto allacciare le cinture? - chiese Luisa, soprannominata Rinoceronte per i suoi modi di atteggiarsi e di vestire che, con somma disperazione dei genitori, di femminile avevano davvero molto poco.
- Forse ci sono dei vuoti d’aria - rispose la Masetti.
- È pericoloso? - chiese Luisa che volava per la prima volta.
- No, ci limiteremo a ballare un po’, ma è del tutto normale - rispose la professoressa.
- Normale un accidenti! - pensò Giorgio quando si accorse che il sole non era più alla sua destra, ma era passato sul fianco sinistro dell’aereo. Considerato che erano partiti da Roma alla mattina e che erano in volo solo da mezz’ora, il sole non poteva essersi spostato nel cielo così velocemente. L’unica spiegazione era che l’ampia virata avesse fatto cambiare la direzione dell’aereo di 180 gradi. Insomma, stavano tornando indietro!
Il primo impulso fu di rendere partecipe della scoperta la Masetti, poi si trattenne, perché si rese conto che lo avrebbero sentito anche i compagni e che, se c’era davvero una situazione di pericolo, si sarebbe creato il panico. Come farle capire ciò che aveva osservato senza farsi sentire dagli altri? Si ricordò allora lo strano e divertente codice gestuale che la Terza C usava per comunicare in silenzio da una parte all’altra dell’aula approfittando della distrazione degli insegnanti: l’alfabeto muto!
- Stiamo tornando indietro - le riferì con rapidi movimenti delle mani.
Dapprima la Masetti sembrò stupita che il più indisciplinato dei suoi allievi si prendesse la libertà di usare proprio con lei quel sovversivo codice clandestino, ma più meravigliato ancora fu Giorgio, quando si rese conto che non solo lei lo capiva, ma che gli rispondeva con lo stesso alfabeto, intimandogli di non dire niente! Giorgio le sorrise e annuì con aria complice. Non avrebbe mai pensato che un giorno sarebbe entrato così in confidenza con Capitan Uncino!
Intanto gli altri continuavano a chiacchierare o a pensare ai fatti loro. Disdegnando ogni contatto con i compagni, Marco il Secchione guardava dal finestrino, Gioachino Cicciopotamo scartava una merendina e la consumava con lenta voluttà mentre Aldo, Roberto e Gianni, soprannominati i Tre Moschettieri perché erano sempre insieme, chiacchieravano di videogame e computer.
Tra le femmine, l’occhialuta Raffaella leggeva accanto a Luisa di cui era amica inseparabile e che ora sonnecchiava a bocca aperta. Samantha e Jessica, soprannominate le Veline, parlottavano tra loro, sicuramente di ragazzi, visto che si ritenevano le più belle non solo della Terza C, ma di tutta la scuola. Considerandosi destinate a chissà quale fulgida carriera di modelle, attrici, cantanti o mogli di calciatori famosi, le Veline ignoravano e snobbavano ostentatamente il gruppo dei compagni che consideravano niente più che dei bamboccioni. Poi c’era Miriam, il bersaglio preferito di Giorgio, e accanto a lei stava Carlotta, una ragazzina un po’ svanita che amava relegarsi in un mondo tutto suo, libero dalle difficoltà con le quali era costretta a misurarsi ogni giorno.
- Oh, guarda! - esclamò Marco dopo qualche minuto - Quello è il Conero!
Per Giorgio il Conero poteva anche essere un particolare tipo di gelato, del genere “mi dia un conero di nocciola e pistacchio”, ma per Marco era senza ombra di dubbio il promontorio montuoso ai piedi del quale sorge la città di Ancona.
- Il Conero? - chiese Raffaella, un’altra che secondo Giorgio aveva l’insana mania dello studio – Come mai passiamo sul Conero? Dovremmo essere da tutt’altra parte!
- Eh, già - osservò uno dei Tre Moschettieri - e come mai il Mar Tirreno è alla nostra sinistra?
- Volpe che non sei altro! - lo apostrofò Marco - Se quello è il Conero, il mare alla nostra sinistra non è il Tirreno, ma l’Adriatico!
I due incauti avevano parlato ad alta voce attirando l’attenzione degli altri passeggeri, che solo allora si resero conto della strana posizione dell’aereo rispetto alla rotta che avrebbe dovuto seguire.
- Ma che succede? - osservò qualcuno. - Siamo passati da poco sopra Firenze e adesso sorvoliamo Ancona? Com’è possibile?
Nonostante le numerose chiamate, i campanelli suonarono invano e nemmeno una delle assistenti di volo fece la sua comparsa nella classe turistica. Un gruppo di passeggeri decise allora di andare a chiedere spiegazioni direttamente in cabina di pilotaggio, e fu allora che la causa del cambiamento di rotta, la stessa che Giorgio aveva già sospettato, apparve chiara a tutti: dalla tenda che separava la classe turistica dalla prima classe balzarono fuori tre individui armati di pistole e mitragliette, gli stessi notati qualche minuto prima da Giorgio e dalla Masetti!
Quegli uomini urlarono qualcosa di incomprensibile, ma non ci fu bisogno di traduzione, perché il suono metallico degli otturatori che spingevano i colpi in canna erano molto più eloquenti di qualsiasi altro discorso. L’animosità dei passeggeri scomparve in un istante, e dopo un rapido dietro front ci fu un fuggi fuggi tra i sedili, finché tutti tornarono spaventati ai loro posti. Ormai non c’erano più dubbi: il volo Roma Strasburgo era stato dirottato da un gruppo di terroristi armati!

(...)

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