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da "E io distruggo la scuola!" di Beppe Forti, Edizioni "Il Rubino", Napoli 2016

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CONSIGLIO DI CLASSE

— Cerchiamo di concludere, colleghi, altrimenti qui si rischia di fare notte! — sbotta la professoressa Rinaldi.
— Stiamo decidendo la sorte di un ragazzo e la fretta non è mai stata una buona consigliera! — replica il professor Martini.
— Ih, neanche stessimo sentenziando la condanna a morte di quel rompiscatole — interviene il professor Bastiani. — Lo stiamo solo bocciando, che sarà mai!
— Bocciare Carlo Manfredi? Ritrovarcelo sulle scatole per un altro anno scolastico? No, cari colleghi, io mi rifiuto! — sbotta la Ridolfi.
— Cosa vorresti dire? Che lo dobbiamo ammettere lo stesso agli esami, e magari promuoverlo pure? — ribatte Bastiani. — Non ha fatto un benemerito tubo per tutto l'anno, anzi, per tre anni di fila ne ha combinate di tutti i colori, ha angariato i compagni con i suoi atteggiamenti da bulletto di periferia e noi lo premiamo promuovendolo? Eh, no, cari colleghi! Un po' di giustizia ci vuole, perbacco!
— Sono d'accordo, ma come la prenderanno i genitori del Manfredi se lo bocciamo? Teniamo conto anche di questo — interviene il dirigente scolastico. — Ve lo immaginate se fanno ricorso al TAR? Ve la sentite di sottoporre al controllo di qualche ispettore registri, prove di verifica e programmazione?
— Ma allora, signor preside, diciamo chiaramente a tutti i nostri allievi che facciano a meno di studiare, che se ne stiano a dormire sul banco per tre anni, che facciano i loro comodi, che tanto uno straccio di diploma di terza media non si nega a nessuno e glielo regaliamo lo stesso! — sbotta Bastiani.
— Hai tutte le ragioni che vuoi, collega — replica la Ridolfi, — ma te la senti davvero di ritrovarti il Manfredi tra i piedi anche l'anno prossimo? È dalla prima che non vedo l'ora di togliermelo di torno! Non se lo merita di essere promosso? D'accordo, non se lo merita, ma anche noi dobbiamo sopravvivere!
— Siamo proprio sicuri che il Manfredi sia da bocciare? — interviene il professor Martini. — In educazione musicale va benissimo e magari fossero tutti come lui! Il mio voto è un nove pienamente meritato!
— Ma non c'è solo la tua materia, caro Martini! — replica animatamente Bastiani. — Quel teppistello sarà anche bravissimo in musica, ma nelle altre materie ha una sfilza di quattro e cinque! E che diamine! Dobbiamo far finta di niente?
— Pure a me secca da matti ritrovarmelo tra i piedi l'anno prossimo — interviene la Rinaldi, — ma sono d'accordo con Bastiani. Non possiamo premiarlo e va bocciato. Chissà che con un anno in più si renda conto delle stupidaggini che combina e maturi.
— Chi? Maturare il Manfredi? Figuriamoci! — borbotta la Ridolfi. — Quel lazzarone è come una pera che cade marcia dall'albero. Neanche in galera matura quello là, ve lo dico io!
— Insomma, colleghi, un modo oggettivo di risolvere la questione c'è: esaminiamo i voti — interviene il dirigente scolastico. — Vediamo che media ha e cerchiamo di prendere una decisione una volta per tutte.
— C'è poco da vedere, signor preside — risponde la Rinaldi. — Ha tutti quattro e cinque tranne un un sei in educazione fisica e il nove che gli ha dato Martini in educazione musicale.
— Mi pare che ci sia poco da salvare, allora — commenta il dirigente.
— Signor preside — si inserisce Martini. — Le faccio notare che abbiamo dato una spinta a un paio di casi anche peggiori di quello di Manfredi.
— È vero, hai ragione — replica la Rinaldi. — Ma quei due ce l'hanno messa tutta e di più non possono dare. L'idoneità a sostenere gli esami se la sono meritata, Manfredi no. È colpevole perché potrebbe fare molto di più, ma non ne ha nessuna voglia e non si sforza minimamente!
— Colpevole, innocente... non siamo mica in tribunale! — brontola Martini.
— Certo, e tu non sei l'avvocato difensore di quel bulletto! Prendi le sue parti solo perché è bravo con la chitarra e il piffero! — ribatte Bastiani.
— Si chiama flauto dolce... — sospira Martini.
— Sempre piffero è... e col piffero che lo ammettiamo agli esami! — replica Bastiani.
— Colleghi, non resta che lasciare decidere alla maggioranza. Alzi la mano chi è favorevole ad ammetterlo — propone il dirigente e solo due mani si levano in alto: quelle di Martini e della Ridolfi.
— Contrari?
Tutti gli altri alzano la mano.
— Bene, astenuti non ce ne sono, quindi il caso è chiuso — conclude il preside. — Manfredi non è idoneo a sostenere gli esami di terza media e ripeterà l'anno.

 

Il professor Martini esce immusonito dal consiglio di classe e si avvia verso la propria vetturetta parcheggiata nel cortile della scuola.
— Quello stupido di Carlo Manfredi — borbotta tra sé e sé. — Nemmeno gli ultimi giorni si è impegnato, e sì che sarebbe bastato poco, se solo avesse voluto. Forse ha ragione Bastiani: la bocciatura gli sta bene, così impara, ammesso che gli importi qualcosa.
— Tutto bene, prof? — si sente chiamare e Martini alza gli occhi al cielo perché ha riconosciuto la voce.
— Carlo, che ci fai qui a quest'ora? — chiede al ragazzo che è uscito da dietro la macchina. È scuro di capelli, smilzo e di media statura. Indossa una t-shirt
nera che porta stampato sul petto il logo dei Rolling Stones, una bocca rossa con la linguaccia di fuori. La indossa spesso anche a scuola e quello sberleffo stilizzato riproduce fedelmente il suo modo di essere: trasgressivo, bastian contrario, incurante delle regole e provocatorio, come se ce l'avesse a morte con il mondo intero e con quello degli adulti in particolare. Per completare il quadro, il ragazzo porta un paio di jeans oversize, con il cavallo all'altezza dei ginocchi, che gli si afflosciano sulle scarpe da ginnastica rigorosamente slacciate, tanto che non si capisce come facciano a non scivolargli sui piedi lasciandolo in mutande.
— Passavo... — risponde l'allievo fingendo indifferenza.
— Non è vero che non ti interessi di niente, allora! È strizza la tua! — lo schernisce l'insegnante e il ragazzo fa spallucce. — Lo sapevi che oggi c'era il consiglio di classe della terza C?
— Ah, davvero? E com'è andato? — chiede l'allievo continuando a fingere.
— Ti sei scomodato per niente. I risultati verranno esposti domani mattina.
— E... non si può avere un'anteprima?
— Un'anteprima la chiama lui! Io la chiamerei "soffiata"!
— La chiami come vuole, prof, ma non mi può dire com'è andata?
— Tre non idonei su ventidue, ti basta?
— Tre non idonei? Che vuol dire, prof?
— Che tre di voi non potranno sostenere gli esami e dovranno ripetere l'anno.
— Bocciati?
— In parole povere sì, bocciati.
— Chi sono, prof?
— Secondo te?
— Ci sono anch'io?
— Tu che dici?
— Prof, la smetta di giocare con me come il gatto con il topo. Se vuole dirmeli i nomi bene, altrimenti...
— Altrimenti cosa?
— Bah, lasciamo perdere, prof.
Così dicendo il ragazzo gira i tacchi e se ne va con le mani in tasca senza nemmeno salutare. Il logo dei Rolling Stones è stampato anche sul dorso della maglietta e sembra prendersi beffe del professor Martini.
Che m'importa, in fondo?" pensa l'insegnante salendo in macchina. "È l'ultima volta che ti vedo, Carlo Manfredi. Buona fortuna".
L'anno prossimo Martini avrà il trasferimento in un'altra scuola e lui sì che non se lo vedrà più tra i piedi, anche se gli dispiace parecchio. Quel ragazzo ha un dono che nemmeno lui sa di avere: un formidabile talento musicale, tanto che a quattordici anni è già un discreto chitarrista. Non solo, gli basta mettere le mani su qualsiasi strumento che in poco tempo riesce a tirarne fuori qualcosa di senso compiuto. Il problema è che odia perdere tempo per imparare teoria e tecnica. Le trova noiose e preferisce affidarsi all'orecchio ma, d'altra parte, ne ha da vendere.
"Ce l'avessi io un orecchio musicale come il suo" si rammarica il professore mettendo in moto e sperando che il ragazzo non butti alle ortiche il talento che madre natura gli ha dato. Martini esce dal cortile della scuola, imbocca la via di casa e supera l'allievo che si è appena mosso a cavallo di un cinquantino nuovo fiammante. Il casco ce l'ha, ma non in testa, perché gli pende inerte e inutile da un braccio.
— Mi dispiace Carlo Manfredi, ma non sei più un problema mio — sospira Martini accelerando e allontanandosi.

(...)

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