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da "Come una bambola di pezza"
Quando il "branco" si scatena
Edizioni "Il Rubino", Napoli 2024

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UN DRAMMATICO RISVEGLIO

Chiara stava uscendo a fatica da un sonno profondo, ma non era ancora completamente sveglia. Le sembrava di tornare su questa terra dopo essersene andata da chissà quanto tempo ed era una sensazione inquietante. Le pareva di sentire bisbigliare alcune voci e avrebbe voluto aprire gli occhi ma non ci riusciva e le palpebre le sembravano pesanti come piombo. Provava un forte mal di testa, nausea e sentiva lo stomaco sottosopra. Con gran fatica riuscì finalmente a schiudere le palpebre e le apparvero alcuni volti sfocati chini su di lei. Si sforzò di metterli a fuoco e cominciò a distinguere mamma Irene, nonna Adele, una dottoressa in camice bianco e un giovane carabiniere. Non si sentiva ancora del tutto sveglia, ma di una cosa si rese conto subito: non erano suoi né il letto sul quale era stesa, né la stanza in cui si trovava.
   «Dove sono?» chiese con un filo di voce.
   «Sei in ospedale, Chiara» le rispose la dottoressa.
   «In ospedale? Cosa mi è successo?» chiese smarrita. Non le affiorava alla mente alcun motivo per cui avrebbe dovuto essere su quel letto.
   «Noi speravamo fossi tu a raccontarcelo» replicò la dottoressa. «Come ti senti?»
   «Mi fanno male la testa e la pancia... ho una forte nausea...» sussurrò lei, articolando a fatica ogni parola.
   «Non preoccuparti, ti passeranno» la rassicurò la dottoressa.
   Chiara sentì un po' di freddo e alzando un po' il lenzuolo per tirarselo sulle spalle, si accorse di avere addosso qualcosa che sembrava un ingombrante pannolone per adulti.
   «E questo cos'è?» chiese sconcertata.
   «Hai avuto un'emorragia, niente di grave per fortuna. Non ti è ancora passata del tutto ed è per questo che è stato necessario il pannolone» rispose la dottoressa.
    «Un'emorragia? Ma... perché?» chiese Chiara, sempre più smarrita.
    «Non ricordi proprio nulla di questa notte?»
   La ragazza ebbe qualche istante di incertezza. Cosa aveva fatto la sera prima? Poi la sua memoria si snebbiò.
   «Ero alla festa di mia cugina Giorgia» rispose. «Ma... qualcuno mi dice una buona volta perché mi trovo qui?»
   «Hai avuto una brutta esperienza...» sospirò la dottoressa.
   «Una brutta esperienza? Cosa vuol dire?»
   «Vuol dire che qualcuno... qualcuno si è approfittato di te».
   «Qualcuno si è approfittato di me...» ripeté la ragazza, come se non avesse afferrato il senso della risposta, poi comprese e all'improvviso il mondo intero le crollò addosso. Chiuse gli occhi e iniziò a piangere in silenzio, ma avvertì ugualmente gli sguardi dei presenti come fossero frecce puntate su di lei, pronte a scoccare per punirla della peggior infamia che una ragazza potesse commettere.
Chiara si chiese chi fosse stato, se uno solo o più d'uno, e se per caso non li avesse provocati lei stessa, con la vivacità che spesso sua madre le rimproverava. Provò una fortissima vergogna e nascose il volto nel cuscino, sottraendosi agli sguardi degli adulti che le stavano attorno.
   «Il buttafuori del No-problems ha raccontato a tua nonna di averti vista uscire dal locale da sola, ma secondo lui non sei più rientrata» intervenne il giovane carabiniere. «Non ti ricordi cos'è successo dopo?»
   «Voglio andare a casa» si limitò a piagnucolare Chiara che desiderava solo rifugiarsi nella propria stanza per chiudersi a chiave, al buio e a faccia in giù sul cuscino, come era solita fare nei momenti di sconforto.
   «Sarebbe meglio che restassi ancora un po' qui in osservazione» disse la dottoressa.
   «Mi state osservando anche troppo» mormorò Chiara.
   «Credo che il maresciallo Bandini voglia farti ancora qualche domanda» aggiunse la dottoressa.
   «Quale domanda?» piagnucolò la ragazza. «Sono io che devo farle a voi le domande! Cosa mi hanno fatto? Chi è stato? Ditemelo! Io non lo so, non ricordo nulla, volete capirlo? Voglio solo andare a casa, non è stata colpa mia!»
   «Certo che non è stata colpa tua! Nessuno ti sta accusando» cercò di rassicurarla la dottoressa.
   «E allora perché mi state tutti addosso?»
   «Noi vogliamo solo aiutarti...»
   «Chi ti ha fatto del male dovrebbe avere la giusta punizione, non credi?» aggiunse il carabiniere.
   «Forse è meglio lasciarla in pace, maresciallo» osservò la madre.
   «Il fatto è, signora, che è proprio nelle ore che seguono immediatamente un reato che si può reperire qualche indizio per individuare i colpevoli» replicò il carabiniere.
   «Ma quale indizio?» tentò di protestare debolmente Chiara. «Io non ricordo niente! Niente di niente! Vuoto assoluto, lo volete capire?»
   Non era del tutto vero. La ragazza conservava nella memoria alcuni flash simili alle immagini confuse di un sogno, o forse di un incubo dal quale ci si è appena svegliati; aveva la sensazione, tuttavia, che mettendo a fuoco quei lampi ne avrebbe ricavato dei ricordi terribili di cui avrebbe potuto vergognarsi. Non voleva riportarli alla luce ed era meglio che restassero persi nella nebbia in cui si trovavano.
   «Forse è meglio non insistere,
maresciallo» suggerì la dottoressa. «La interrogherà in un altro momento».
  
«No, di questa brutta storia non parlerà più nessuno. Chiara deve solo dimenticarsela» intervenne d'autorità mamma Irene. «Lasciamola in pace e portiamola a casa».
  
«Signora, sua figlia è minorenne e il reato da lei subito è perseguibile d'ufficio anche se non viene presentata denuncia. Io sono obbligato a continuare le indagini!» cercò di spiegarle il maresciallo, ma la donna nemmeno gli rispose. Aiutò Chiara a indossare un camiciotto procurato da un'infermiera e uscì dalla stanza sorreggendo la figlia che stentava a reggersi in piedi da sola.
 

***
 

Appena giunta a casa, Chiara aveva solo voglia di dormire. Si gettò a corpo morto sul letto, ma non riuscì a prendere sonno. Si sentiva come se mani estranee l'avessero contaminata e provò il bisogno di purificarsi lavando via ogni traccia di quell'avvelenamento. Si alzò dal letto ancora incerta sulle gambe e stette a lungo sotto la doccia. Tornò a coricarsi, ma dopo un po' ricominciò a sentirsi esattamente come prima, anzi peggio. Si rese conto che non era solo il suo corpo a essere stato insozzato da quelle mani. La sensazione era molto più profonda e non sarebbero bastate mille docce a farla sparire. O forse era lei, si chiese, a essere sporca dentro e nessuna doccia avrebbe potuto ripulirla del tutto?
  
Come tutti i ragazzi e ragazze della sua età, anche Chiara aveva dei momenti bui, ma nei rapporti con amici e amiche era esuberante ed estroversa. Le era già successo che qualche coetaneo avesse frainteso la sua esuberanza, tentando di prendersi con lei qualche libertà, tuttavia Chiara aveva sempre respinto sdegnata quei goffi tentativi.
   Di una cosa, però, era sicura: se era lei ad avere provocato i suoi violentatori, non era di sicuro innocente chi l'aveva ridotta chissà come all'impotenza, facendo di lei quello che voleva. Per quanto li avesse provocati, ammesso che l'avesse fatto davvero, non era giusto che quei farabutti se ne stessero tranquilli, mentre lei non riusciva a chiudere occhio. Ricordava vagamente di avere scambiato qualche parola con alcuni ragazzi all'esterno della discoteca e si chiese con orrore se non fosse stato davvero più d'uno ad abusare di lei. Avrebbe dato chissà che cosa per tornare indietro nel tempo, dare ascolto una volta tanto a sua madre e starsene lontana dal No-problems.
   Ripensò alle ingenue aspettative per quella festa che avrebbe dovuto essere magica e che invece si era trasformata in un incubo. Aveva sempre nascosto le sue paturnie adolescenziali dietro una maschera vivace, impulsiva e spavalda, cercando di seppellirle sotto una finta impudenza. Tuttavia fu consapevole solo in quel momento che la sua era solo una commedia mal recitata e quella notte qualcuno l'aveva precipitata in un buco nero senza fine dal quale aveva la sensazione che non sarebbe uscita mai più.
   A Chiara arrivarono a un tratto dalla cucina rumori di piatti e pentole, assieme a un profumino che in altri momenti le avrebbe stuzzicato l'appetito. Le donne di casa fingevano che quella domenica fosse come tutte le altre ma non lo era, né per lei, né per loro. La ragazza si accorse di avere un buco al posto dello stomaco e pensò che forse, ingoiando qualcosa, avrebbe potuto farsi passare almeno quello. S'infilò una tuta e si affacciò sulla soglia della cucina.
   Il piccolo televisore sulla credenza era acceso e sintonizzato sul notiziario di un canale nazionale. Lo speaker annunciava le solite notizie che a Chiara non erano mai importate granché e neppure Irene e Adele sembravano prestargli attenzione, ma a un certo punto il mezzobusto dentro il video assunse un'aria di circostanza e annunciò una notizia che colpì la ragazza come un pugno allo stomaco.
   «Ennesima violenza sulle donne a San Bortolo in Val di Persico, in provincia di ******. La vittima, questa volta, è una ragazzina di quindici anni».
   Adele si precipitò ad afferrare il telecomando per cambiare canale.
   «No!» urlò Chiara e la nonna si bloccò. Lo speaker continuò a raccontare, ed era proprio di lei che parlava, mentre in sottofondo scorrevano immagini di repertorio di San Bortolo, del No-problems e di ragazzine minorenni riprese di spalle.
   «Ma chi ha informato la televisione? L'ospedale? I carabinieri?» sbottò infuriata Irene, spegnendo con rabbia la tivù.
   Chiara avrebbe voluto dimenticare tutto al più presto, e invece arrivava la televisione nazionale a spiattellare al mondo intero la sua brutta storia. Scattò come una molla e tornò a rifugiarsi piangendo nel buio della propria stanza.

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